Nel 1890 l'Italia riunì i suoi possedimenti nel Mar Rosso dandovi un sistema monetario la cui unità era il tallero. In quelle terre, in cui era forte l'influenza politico commerciale dell'Impero Austro-Ungarico, era in uso, quale mezzo monetario, il tallero austriaco di Maria Teresa; più precisamente quello denominato "Levantiner Thaler", che fu continuato ad essere riconiato, con la data 1780, dalla zecca di Vienna.
Pertanto, circolando regolarmente questo tallero austriaco in Eritrea e in Etiopia, l'Italia ritenne di mantenere, nelle nuove monete per la colonia Eritrea, la dicitura tallero, eguagliandole tuttavia al valore delle lire in argento circolanti in Italia. Per la coniazione delle monete eritree si adoperarono piastre borboniche e monete pontificie ancora giacenti nel Tesoro [Carboneri 1915b, p. 913].
Il RD 7049/1890, prevedeva, oltre alle monete d'argento da un tallero da 5 lire, 4/10 di tallero da 2 lire, 2/10 di tallero da 1 lira e 1/10 di tallero da 50 centesimi, anche le monete di bronzo da 2/100 di tallero da 10 centesimi e 1/100 di tallero da 5 centesimi, che, tuttavia, non furono mai coniate, cosicché, in loro vece, furono utilizzate le monete nazionali [ibid., p. 646]. Tuttavia, queste nuove monete coloniali non furono gradite alle popolazioni locali, cosicché, nel 1898, furono ritirate dalla circolazione rimanendo così in circolazione il tallero di Maria Teresa. Infatti, la monetazione coloniale italiana per l'Eritrea, ebbe sempre una posizione secondaria, servendo soltanto per una parte limitata degli scambi all'interno e punto per i rapporti coll'estero ed il tallero austriaco continuò ad essere il mezzo di contrattazione preferito. Difatti, mentre una buona parte delle monete coloniali eritree si dovettero ritirare e fondere, come superflue, ossia sei milioni, su poco più di dieci milioni emesse, si accrebbero le importazioni di talleri di Maria Teresa [ibid., p. 641].
Il potere liberatorio, per i pagamenti tra privati, del tallero da 5 lire d'argento, del tipo "Aquila spiegata", era illimitato [Carboneri 1915b, p. 646]; infatti, il contenuto di argento fino, contenuto in questa moneta, è pari a quello degli scudi da 5 lire coevi. La figura del rovescio di questa moneta è la copia di quella della moneta da un carlino da 5 doppie d'oro, emessa nel 1786 da Vittorio Amedeo III re di Sardegna.
Per quanto concerne il tallero austriaco di Maria Teresa, che nelle intenzioni del governo italiano doveva essere sostituito con il nuovo tallero coloniale, Carboneri [1915b, p. 645] ci informa che "Allo stato attuale, la moneta metallica più importante adoperata negli scambi in Eritrea è ancora [...] il tallero di Maria Teresa e il Governo stesso è costretto a farne uso per determinati pagamenti ad un tasso ufficiale, che viene fissato normalmente sul prezzo della moneta stessa sul mercato di Aden. Esso è preferito dagli indigeni ed è quasi indispensabile pei traffici con la costa arabica e coll'Etiopia, ove circola tutt'ora largamente. È coniato esclusivamente a Vienna al tasso di 1.50% per conto di Banche o Ditte commerciali, che ne curano l'esportazione, traendo profitto dalla lieve differenza fra il prezzo della moneta e quello del metallo e soprattutto dal giuoco della domanda e dell'offerta. Noi abbiamo veduto che in altri tempi anche le Zecche italiane di Firenze, di Milano e di Venezia avevano eseguito coniazioni di Talleri di Maria Teresa. Riferendosi a questo precedente, il Governo italiano ebbe per un momento l'idea di usufruire di quei vecchi conî di sua proprietà per fabbricare per proprio conto monete della specie, che ormai sono considerate come metallo lavorato di libera contrattazione, non avendo più corso legale in alcun luogo. Ma per un doveroso riguardo all'Austria, della quale portano lo stemma, ritenne opportuno informare prima il Gabinetto imperiale di Vienna ed in questo senso iniziò trattative nel 1887 che non approdarono allo scopo; cosicché l'Italia continuò ad acquistare i talleri occorrenti da banche diverse di Trieste, oppure sui mercati locali. Accanto al tallero austriaco, nei rapporti interni specialmente cogli uffici governativi e negli scambi al minuto, si adoperano le monete eritree."
Secondo Donini [1954, p. 45], questo tallero, che circolava regolarmente in Eritrea ed in Etiopia, fu introdotto in quei territori dai missionari italiani di Verona che, utilizzandolo normalmente in Patria, a seguito dell'occupazione austriaca del Veneto, lo portarono con sè spendendolo normalmente. Tuttavia, Carboneri [1915b, p. 640] riferisce che furono i mercanti di Venezia a fare conoscere per primi questa moneta, assieme al tallero di san Marco, lungo le coste dell'Oceano Indiano, del Golfo Persico e del Mar Rosso.
Le monete d'argento da un tallero eritreo da 5 lire, del tipo "Aquila spiegata", furono coniate nel 1891 e nel 1896, complessivamente, in 395.999 pezzi, per un totale di 1.979.995 lire [Carboneri 1915b, p. 913, tab. H; MdF 1940, p. 64, tab. I]. Di queste monete, in forza del RD 415/1898, furono ritirati 80.069 pezzi, pari a 400.345 lire, e trasformati in monete divisionarie italiane [Carboneri ibid.].