Una parte rilevante della coniazione di queste monete di bronzo da 10 centesimi fu ceduta in appalto alla società francese Oeschger et Mesdach et Cie di Parigi. Questa era un'industria metallifera, che, dopo avere preparato i tondelli presso la propria fonderia e laminatoio di Biache Saint-Vaast, ricorse, per la coniazione delle monete a lei commissionate, alle zecche di Bruxelles, Parigi e Strasburgo. La Oeschger et Mesdach, sulle monete da lei fornite, scelse o di non utilizzare alcun contrassegno oppure di utilizzare il monogramma om, composto dalle proprie iniziali, con o senza punti laterali; tuttavia, la certa attribuzione di queste monete alle relative zecche di produzione pare che non sia stata per nulla agevole, cosa che, invece, cercheremo di fare con questo studio.
La prima fonte, in merito ai quantitativi coniati ed alle zecche di produzione di queste monete, è costituita dalla relazione del MdT [v. oltre], per mezzo della tabella relativa all'ammontare delle varie monete del regno prodotte dal 1862 a 31 dicembre 1900:
MdT [1902, pp. 74-75, tab.]
Tuttavia, detta relazione raggruppò nell'anno 1863 anche gli esemplari datati 1862, coniati, presumibilmente, alla fine del 1862. Infatti, Kazmierczak [s.d.], a proposito della società francese Oeschger et Mesdach et Cie, riferisce che "A partir de novembre 1862, la Société fournit au Gouvernement italien 800 tonnes de pièces de 10 centimes". Inoltre, il quotidiano Indipendente del 25 settembre, come citato da Guerrini [1957, p. 52], ebbe a pubblicare che "Si dice che fra pochi giorni comincerà a Strasburgo la coniazione della moneta italiana in bronzo da 10 centesimi". Questi ultimi contributi, sommati con quanto esposto nella citata relazione del MdT [v. supra], ci indicano che il primo contingente di queste monete da 10 centesimi di bronzo, appaltato alla Oeschger et Mesdach, fu coniato a Strasburgo, alla fine del 1862 e nel 1863, e, considerati i pezzi conosciuti con queste date, le monete prodotte non presentano alcun marchio di zecca.
La seconda fonte è costituita da de Witte [1903, p. 214], il quale ci informa che, nel 1868, furono coniati dalla zecca di Bruxelles 37 milioni di pezzi da 10 centesimi con la data 1867 ed il monogramma om (non specifica la presenza o meno di punti accostati, in quanto non determinante ai fini del suo articolo). Un'ulteriore fonte riguardante queste monete, questa volta non attinente ai quantitativi coniati, è quella fornita da Marchisio [1905, p. 234, nota], il quale riporta che "Quanto poi ai pezzi da 10 centesimi coniati all'estero, dirò per chi l'ignora che quelli senza marca non sono italiani; che la marca om in nesso (con, o senza punti che l'accostano), è per la Casa Oesgher Mesdach, di Strasburgo [...]" Qui il Marchisio si limita a scrivere, forse perché non possiede gli elementi per approfondire l'argomento, che le monete prive del marchio di zecca non sono state coniate in Italia, ma non indica la loro zecca di produzione; inoltre, egli afferma che il monogramma om si riferisce alla società appaltatrice della fornitura delle monete, ma, anche in questo caso, non specifica alcuna zecca. Infine, il Marchisio [v. supra] riferisce, erroneamente, che la Oesgher et Mesdach è di Strasburgo, presumibilmente perché egli sapeva che la maggioranza di questi 10 centesimi, in particolare il primo ingente contingente, furono coniati in quella zecca. Infatti, come già esposto, la Oesgher et Mesdach aveva la sede a Parigi, come risulta dagli archivi ufficiali francesi [BnF s.d.]. Appare evidente di come il Marchisio non fosse a conoscenza delle fonti da noi citate; tuttavia, egli chiarisce il significato del monogramma om e la sua funzione: quella d'identificare le monete fornite dalla società metallifera parigina, indipendentemente dalla loro zecca di produzione.
Nonostante i dati fin qui forniti, il CNI [v. oltre], senza citare alcuna fonte, effettuò le seguenti catalogazioni:
CNI [I, pp. 467, 469-471, nn. 28, 51, 69, 71-72, 83-85]
Da quanto esposto, rileviamo che il CNI [ibid.] non è a conoscenza né della relazione del MdT [v. supra], né dell'articolo del de Witte [v. supra]. Tuttavia, appare evidente che è stato invece considerato, fraintendendolo, l'articolo del Marchisio [v. supra], dando per certo che tutte le monete che presentano il monogramma om furono coniate a Strasburgo. Tuttavia, essendo a conoscenza del fatto che un quantitativo di queste monete da 10 centesimi era stato coniato a Parigi, il CNI [I, pp. 467, 469-470, nn. 28, 51, 72] associò alla zecca della capitale francese le monete prive del marchio di zecca; ignorando, tuttavia, le monete coniate a Bruxelles.
La successiva fonte, è costituita dai dati forniti dal Carboneri [1915b, p. 288], che, scrivendo degli appalti per la fornitura delle nuove monete del regno, afferma, correttamente, che la Oesgher et Mesdach è di Parigi; tuttavia, commette un refuso quando, nel quantificare la fornitura a cui si riferisce, indica 8 milioni di pezzi da produrre anziché il valore nominale complessivo dell'emissione, che è pari agli 80 milioni di pezzi coniati negli anni 1862 e 1863 a Strasburgo e indicati dallo stesso Carboneri [ibid. v. oltre], il quale, in merito ai quantitativi coniati nei diversi anni e nelle varie zecche, pur non riportando le fonti consultate, presenta la seguente esposizione:
Carboneri [ibid., pp. 902-903, tab. D1]
Con questa esposizione, Carboneri dimostra di essere a conoscenza sia della relazione del MdT [v. supra], sia dell'articolo del Marchisio [v. supra], ma non dell'articolo del de Witte [v. supra] e, tanto meno, dell'articolo del quotidiano napoletano Indipendente, del 25 settembre 1862, citato dal Guerrini [v. supra]; tuttavia, dettagliando i contingenti prodotti per i diversi anni, risulta essere in possesso di documentazione aggiuntiva, che, purtroppo, non cita. Infine, Carboneri, sembrerebbe essere stato condizionato da quanto riportato dal CNI [I, p. 467, n. 28]; infatti, non disponendo di alcuna notizia in merito all'emissione del 1862 di questi 10 centesimi, li attribuisce alla zecca di Parigi senza indicare alcun quantitativo, proprio perché il MdT [v. supra], facendo iniziare quest'emissione nel 1863, lascia di fatto gli esemplari del 1862 in stato di apolidia. Dopodiché Carboneri non si limita ad attribuire, correttamente, il contingente del 1863 alla zecca di Strasburgo, ma, tenendo evidentemente conto di quanto riportato dal CNI [I, p. 469, n. 51], lo attribuisce anche alla zecca di Parigi; tuttavia, non indica i quantitativi per singola zecca, proprio perché, come indicato dal MdT [v. supra], la coniazione è stata effettuata nella sola zecca di Strasburgo.
A questo punto Carboneri [v. supra], presumibilmente nel tentativo di fare corrispondere quanto indicato dal MdT [v. supra], dal CNI [I, pp. 470-471, nn. 69, 71, 83-85] e dal sapere comune, che era convinto del fatto che tutte le monete con il marchio om erano state coniate nella zecca di Strasburgo, continua la sua esposizione in modo del tutto arbitrario, che risulterà poi essere determinate ai fini delle future catalogazioni. Infatti, questa fonte, pur assegnando correttamente i contingenti coniati nel 1866 alle zecche di Parigi e di Strasburgo, sottintende, fra le righe, che le monete coniate a Parigi sono quelle prive del marchio di zecca, mentre le monete coniate a Strasburgo sono quelle con i marchi di zecca om e • om, esattamente come le cataloga il CNI [v. supra]; aggiungendo, inoltre, che parte delle monete prodotte nel 1866 a Strasburgo sono state coniate con la data 1867, proprio, in tutta evidenza, per il fatto che con quest'ultima data ci sono le monete che presentano i marchi di zecca om e • om •.
Carboneri [v. supra], termina la sua esposizione con le monete coniate a Bruxelles e Parigi nel 1868, dichiarando che, dato che esistono i 10 centesimi 1866 senza il marchio di zecca, queste monete riporterebbero il millesimo 1866. Risulta del tutto evidente l'impostazione data dal Carboneri, nella sua rendicontazione, in merito a queste monete di bronzo da 10 centesimi commissionate alla Oeschger et Mesdach: le monete senza marchio di zecca furono prodotte a Bruxelles e a Parigi; invece, le monete con il marchio di zecca om, in tutte le sue versioni, furono prodotte a Strasburgo. Presumibilmente, è per il motivo qui esposto che Dotti e Rolla [1927, p. 73, n. 225], Pagani [1982, p. 30, n. 545] e Simonetti [III, p. 25, n. 25/8] attribuirono le monete datate 1866 prive del marchio di zecca alle officine di Bruxelles e Parigi. Tuttavia, tra le emissioni segnalate dal Carboneri [v. supra], rimane l'eccezione delle monete datate 1863 coniate a Strasburgo, che, essendo prive del marchio di zecca, fanno saltare il comodo schema proposto. Forse è questo il motivo per cui gli Autori che catalogarono queste monete dopo l'Opera del Carboneri, non tennero conto, tranne il Dotti e Rolla, di questa indicazione.
Dotti e Rolla [1927, p. 73, nn. 223-228], non cita alcuna fonte
Come possiamo rilevare, Dotti e Rolla cataloga le monete datate 1863 che presenterebbero il monogramma om; tuttavia, queste monete non esistono. In tutta evidenza, questo errore è la conseguenza dell'errata segnalazione, effettuata dal Carboneri [v. supra], in merito al contingente coniato nel 1863 sia a Parigi sia a Strasburgo. Dotti e Rolla [1927, p. 73, n. 226], convinti, come tutti, del fatto che le monete coniate a Strasburgo dovessero presentare il monogramma om, letta l'esposizione di cui sopra, non esitarono a catalogare una moneta inesistente.
Pagani [1957, p. 20, n. 116; 1982, pp. 30-31, nn. 539-540, 545-546a, 550-550a], fonte CNI [I, pp. 467, 469-471, nn. 28, 51, 69, 71-72, 83-85]
Pagani, quindi, dopo avere constatato l'inesistenza della moneta datata 1863 con il monogramma om, catalogata dal Dotti e Rolla [1927, p. 73, n. 226], e non disponendo delle fonti da noi segnalate in apertura, va sul sicuro e riprende esattamente le catalogazioni effettuate dal CNI [v. supra], ponendo definitivamente nell'oblio la segnalazione di Carboneri [v. supra] relativa all'emissione del 1863 per Strasburgo, poiché, in base allo schema vigente, di difficile collocazione. In sostanza questo Autore, in forza di quanto oramai dato erroneamente per scontato da tutti, non prese neppure in considerazione la possibilità che la zecca di Strasburgo potesse avere coniato queste monete senza alcun marchio identificativo.
Simonetti [III, pp. 25-26, nn. 25/2-3, 25/8-10, 25/14-16], fonte CNI [v. supra] e Pagani [1957, v. supra; 1982, v. supra]
Simonetti, dunque, introduce un elemento di riflessione; infatti, avanza l'ipotesi che le rarissime monete datate 1867 che, oltre al monogramma • om • presentano, nell'esergo del dritto, una testina, possano essere state coniate a Bruxelles, in quanto la testa di San Michele è uno dei marchi identificativi utilizzati da quella zecca.
In definitiva, nessuno, fino ad oggi, ha preso in considerazione la parte corretta dell'indicazione fornitaci dal Marchisio [v. supra] che "[...] la marca om in nesso (con, o senza punti che l'accostano), è per la Casa Oesgher Mesdach [...]"; tuttavia, tutti hanno preso in considerazione la parte errata di tale indicazione: "[...] la Casa Oesgher Mesdach, di Strasburgo [...]" In realtà, queste monete di bronzo da 10 centesimi, o non presentano alcun marchio di zecca o presentono il marchio distintivo dell'azienda che ha vinto l'appalto per la fornitura delle stesse. Salvo poi, nel caso di produzione di medesime monete in zecche diverse, utilizzare degli accorgimenti progressivi per identificare le varie provenienze, senza, tuttavia, alterare in alcun modo il marchio aziendale, in questo caso om, indipendentemente dal luogo di coniazione. Questo, per evidenti esigenze di controllo della produzione.
Ricapitolando, per quanto concerne le monete di bronzo da 10 centesimi, la cui produzione fu affidata in appalto dal governo italiano alla Oeschger et Mesdach di Parigi, le fonti attestano che la zecca di Strasburgo coniò queste monete negli anni 1862, 1863 e 1866; che la zecca di Parigi le coniò negli anni 1866 e 1868; che la zecca di Bruxelles le coniò nell'anno 1868. Da quanto esposto, deduciamo che, avendo la zecca di Strasburgo coniato le monete datate 1862 e 1863 senza alcun marchio identificativo, appare logico supporre che sia stata la medesima zecca a coniare anche le monete datate 1866 prive del marchio di zecca. In ogni caso, queste monete da 10 centesimi presentano anche i seguenti marchi di zecca: om, • om e • om • sia con sia senza la testa di San Michele. Sappiamo che il marchio • om • appare solo nelle monete datate 1867 e sappiamo anche che la zecca di Bruxelles coniò queste monete solo nel 1868 e de Witte [v. supra] ci segnala che esse recano la data 1867 e il monogramma om (non specifica la presenza dei due punti laterali, che presentano le monete in oggetto, in quanto non determinante ai fini del suo articolo); inoltre, sappiamo che la testa di San Michele è il marchio distintivo della zecca di Bruxelles. Pertanto, risulta agevole assegnare il marchio • om • alla zecca belga. Dopodiché, sappiamo che la zecca di Parigi coniò queste monete nel 1866 e nel 1868 e, con le date 1866 e 1867 ci sono le monete che presentano il monogramma om. Infine, risulta che dopo il 1862 e il 1863 la zecca di Strasburgo coniò solo nel 1866 e, con quest'anno, esistono le monete senza il marchio di zecca (presumibilmente la prima parte della produzione della zecca di Strasburgo con questa data), con il marchio • om (seconda parte della produzione della zecca di Strasburgo) e con il marchio om, già associato alla zecca di Parigi in quanto presente, come abbiamo visto, anche nelle monete datate 1867.
Concludendo, nel caso di queste monete di bronzo da 10 centesimi, la società francese Oeschger et Mesdach et Cie di Parigi, vincitrice dell'appalto della fornitura delle monete, nel 1862 si appoggiò alla zecca di Strasburgo per la loro coniazione. Essendo questa la sola zecca a coniare le monete in oggetto, le produsse senza apporre su di esse alcun marchio. Successivamente, nel 1866, la Oeschger et Mesdach, oltre alla zecca di Strasburgo che inizialmente continuò a coniare le monete senza apporre su di esse alcun marchio, si appoggiò anche alla zecca di Parigi, che utilizzò il semplice monogramma om, costituito dalle iniziali della Oeschger et Mesdach; a questo punto si decise di utilizzare, per proseguire la produzione in corso inizialmente senza alcun marchio identificativo, il marchio • om per le monete coniate a Strasburgo. Infine, nel 1868, la Oeschger et Mesdach si appoggiò nuovamente alla zecca di Parigi, che utilizzò il medesimo marchio utilizzato precedentemente, ed a quella di Bruxelles, che utilizzò il marchio • om •. A riprova di ciò facciamo notare che alcune rarissime monete da 10 centesimi per Bruxelles, datate 1867, presentano sia il marchio • om • sia la testa di San Michele, marchio distintivo della zecca di Bruxelles. Pertanto, quest’ultima moneta ci indica, in modo inequivocabile, che il marchio • om • sta ad indicare la produzione effettuata a Bruxelles. Si verificò quindi un progressivo aumento di complessità nell'elaborazione dei marchi di zecca utilizzati, dalla Oeschger et Mesdach et Cie, in funzione dell'esigenza di identificare la provenienza della produzione delle monete da essa commissionate alle diverse zecche: inizialmente senza alcun contrassegno, poi un monogramma, poi il monogramma preceduto da un punto e, infine, il monogramma preceduto e seguito da un punto, secondo lo schema che segue:
Gigante [v. tutte le fonti citate]
Con il presente studio, riteniamo di avere dimostrato esaurientemente che le monete datate 1862 e 1863 furono coniate a Strasburgo e che, questa zecca, non fu la sola ad apporre sulle monete il monogramma om, con o senza punti che fosse.
Durante il regno d'Italia, il corso legale delle monete di bronzo, ogni pagamento tra privati, era limitato ad 1 lira; lo Stato, tuttavia, aveva l'obbligo di riceverle senza limite di somma nelle casse pubbliche [Carboneri 1915b, p. 296].
Le monete da 10 centesimi in bronzo furono coniate dal 1862 al 1868, complessivamente, in 470.000.000 di pezzi, per un totale di 47.000.000 di lire, esclusi i pezzi coniati a Strasburgo nel 1862 ed i pochi esemplari coniati a Bruxelles nel 1867, con la testina di San Michele, di cui non si conoscono i quantitativi [Carboneri 1915b, pp. 902-903, tab. D1].