Il RD 871/1862, prescriveva l'attuazione di quanto contenuto nell'art. 1 della L 788/1862, che, forse seguendo l'esempio della Francia, fissava il diametro delle nuove monete del regno, che risulteranno poi compatibili con quanto prescritto dall'art. 2 della Convenzione monetaria latina del 23 dicembre 1865. Pertanto, a partire dal 1862, fu coniato un nuovo tipo di moneta da 10 lire con il diametro di 19,00 mm, in sostituzione delle monete da 10 lire, coniate precedentemente, con il diametro di 18,00 mm. Queste ultime furono ritirate dalla circolazione man mano che entravano nelle Casse pubbliche ed inviate alla zecca di Roma per la fusione e la successiva conversione in altrettante monete decimali [Carboneri 1915b, pp. 273, tab., 477, tab., 528, 675].
Queste monete del 2° tipo, datate 1863 e 1865, si differenziano da quelle del 1° tipo, datate 1861, sia per il diametro maggiore, da 18,15 a 19,50 mm, sia per l'impronta della testa del re, presente nel dritto, che è di dimensioni maggiori. Come si potrà riscontrare, a dispetto della L 788/1862, che, all'art. 1 fissava il diametro delle nuove monete da 10 lire in 19.00 mm, le monete datate 1863 presentano il diametro che varia da 18,15 a 19,50 mm (più precisamente sono stati riscontrati i seguenti diametri in millimetri: 18,15; 18,55; 18,64; 18,76; 18,89; 19,09; 19,19; 19,32; 19,50); invece, le monete datate 1865 presentano il diametro di 18,50 mm.
Dal 1861 al 1873, l'esercizio delle zecche fu ceduto in appalto, dopodiché fu assunto definitivamente dallo Stato, che vi provvide direttamente con proprio personale. Il RD 288/1861 prescrisse i termini dell'appalto generale della monetazione d'oro e d'argento del Regno, rimasero deliberatarii, per la zecca di Torino, la Banca Nazionale; per quella di Napoli, la società Estivant di Parigi; per quella di Milano, la ditta Talanger et Cie di Parigi. Inoltre, fu effettuato un appalto (a cui ne seguirono altri) per la fornitura di 8 milioni di pezzi di bronzo da centesimi 10, che si aggiudicò la ditta Oeschger et Mesdach et Cie di Parigi, con fonderia e laminatoio a Biache Saint-Vaast. Tuttavia, a principiare dal 1862, l'esercizio temporaneo di tutte le zecche fu assunto, in forza della Convenzione del 21 dicembre 1861, dalla Banca Nazionale, che lo tenne fino al 31 dicembre 1873: le monete, che portano il monogramma composto dalle iniziali bn (Banca Nazionale), sono appunto di questo periodo. Se ne hanno però ancora col millesimo 1874 e 1875, perché l'appalto della zecca di Milano da parte della Banca Nazionale cessò definitivamente soltanto allo scadere di quest'ultimo anno [Carboneri 1915b, pp. 287-288]. Per quanto concerne, invece, la zecca di Napoli, il controllo completo passò alla Banca Nazionale solo dopo il 10 gennaio 1863, quando la società Estivant consegnò l'ultimo quantitativo di monete che si era impegnata a produrre [Mastroianni Bovi 1989, p. 433].
Per effetto della L 788/1862, i privati conservavano la facoltà di richiedere dalle zecche dello Stato la coniazione di monete d'oro, del nuovo sistema, pagando, secondo quanto stabilito dal RD 370/1861 quale diritto di coniazione, 7,44444 lire per ogni chilogrammo di oro fino lavorato; cosiché, l'oro fino monetato, dedotti i diritti di coniazione, veniva ad avere il valore di 3.437 lire al chilogrammo. Pertanto, il valore intrinseco delle monete d'oro era di 3.444,44444 lire al chilogrammo. Tuttavia, pur rimanendo valide le succitate norme e tariffe, sotto il regno di Vittorio Emanuele III la fabbricazione libera delle monete d'oro fu soggetta a disposizioni interne e regolata secondo le contingenze del Tesoro e delle lavorazioni di zecca, rimanendo di fatto virtualmente sospesa [Carboneri 1915b, pp. 299-300, 482, 843], per poi riprendere dal 1931 al 1938, anni in cui le monete d'oro furono coniate esclusivamente per conto di privati che, oltre a fornire il metallo, pagarono alla zecca la nuova tariffa per il diritto di coniazione di 22 lire per ogni chilogrammo di oro lavorato [MdF 1940, pp. 44, 46, 55, tab. B1, nota].
Le monete da 10 lire in oro furono coniate, complessivamente, in 988.342 di pezzi, per un totale di 9.883.420 lire. Più precisamente: 1.916 pezzi del 1° tipo, nel 1861, per un totale di 19.160 lire, e 986.426 del 2° tipo, dal 1863 al 1865, per un totale di 9.864.260 lire [Carboneri 1915b, pp. 836-839, tabb. A, A1].