La moneta da 20 centesimi datata 1863 per Torino, è tra le più rare della monetazione del regno d'Italia. Pagani [1982, p. 30, nota dopo il n. 537] e Simonetti [III, p. 35, nota 20], il quale riprende la nota della prima edizione del Pagani del 1962, affermano che "Del pezzo [20 centesimi] con la data 1863 per Torino con lo stemma, i pochi esemplari coniati, 461 in tutto, furono quasi subito ritirati dalla circolazione, perché, [se] illegalmente dorati, potevano facilmente essere confusi con le monete in oro da 5 lire". Tuttavia, entrambi gli autori non citano alcuna fonte a riguardo e Carboneri [1915b] non riferisce nulla in merito a questo fatto. Inoltre, occorre rilevare che le monete da 5 lire in oro, oltre che a pesare una volta e mezza i 20 centesimi, presentano, nel rovescio, la testa del sovrano rivolta a sinistra, contrariamente alle monete da 20 centesimi dove la testa del sovrano è raffigurata verso destra. Si suppone che gli esemplari apparsi sul mercato non siano più di sette. Quasi tutti gli esemplari conosciuti presentano un'evidente debolezza di conio in corrispondenza del baffo del sovrano [Gigante 2016, p. 101].
Dal 1861 al 1873, l'esercizio delle zecche fu ceduto in appalto, dopodiché fu assunto definitivamente dallo Stato, che vi provvide direttamente con proprio personale. Il RD 288/1861 prescrisse i termini dell'appalto generale della monetazione d'oro e d'argento del Regno, rimasero deliberatarii, per la zecca di Torino, la Banca Nazionale; per quella di Napoli, la società Estivant di Parigi; per quella di Milano, la ditta Talanger et Cie di Parigi. Inoltre, fu effettuato un appalto (a cui ne seguirono altri) per la fornitura di 8 milioni di pezzi di bronzo da centesimi 10, che si aggiudicò la ditta Oeschger et Mesdach et Cie di Parigi, con fonderia e laminatoio a Biache Saint-Vaast. Tuttavia, a principiare dal 1862, l'esercizio temporaneo di tutte le zecche fu assunto, in forza della Convenzione del 21 dicembre 1861, dalla Banca Nazionale, che lo tenne fino al 31 dicembre 1873: le monete, che portano il monogramma composto dalle iniziali bn (Banca Nazionale), sono appunto di questo periodo. Se ne hanno però ancora col millesimo 1874 e 1875, perché l'appalto della zecca di Milano da parte della Banca Nazionale cessò definitivamente soltanto allo scadere di quest'ultimo anno [Carboneri 1915b, pp. 287-288]. Per quanto concerne, invece, la zecca di Napoli, il controllo completo passò alla Banca Nazionale solo dopo il 10 gennaio 1863, quando la società Estivant consegnò l'ultimo quantitativo di monete che si era impegnata a produrre [Mastroianni Bovi 1989, p. 433].
Le monete da 20 centesimi in argento furono coniate dal 1863 al 1867, complessivamente, in 35.000.000 di pezzi, per un totale di 7.000.000 di lire, esclusi i pochi esemplari coniati a Milano nel 1863 e di cui non si conosce il quantitativo. Più precisamente: 461 pezzi del 1° tipo (Stemma), nel 1863, per un totale di 92 lire e 20 centesimi, e 34.999.539 del 2° tipo (Valore), dal 1863 al 1867, per un totale di 6.999.907 lire e 80 centesimi [Carboneri 1915b, pp. 878-881, tab. B1].